CAMBRIDGE ANALYTICS E IL RUOLO DI FACEBOOK

 

Nel 2013 Robert Mercer, un miliardario imprenditore statunitense, fonda Cambridge Analytica. Questa società (C.A.),  è specializzata nel raccogliere dai social network un’enorme quantità di dati sui loro utenti: in base al numero di quanti “Mi piace”, mettono e anche su quali post, dove lasciano il loro maggior numero di commenti, le pagine da cui condividono i loro contenuti e così via. Queste informazioni vengono poi elaborate da modelli e algoritmi per creare profili di ogni singolo utente, con un approccio simile a quello della “psicometria”, il campo della psicologia che si occupa di misurare abilità, comportamenti e più in generale le caratteristiche della personalità. Per avere un profilo psicometrico più preciso di ogni singolo utente, vengono analizzati i singoli commenti, i “Mi piace”, i tweet oltre ai contenuti vari pubblicati. Cambridge Analytica è una controllata della ben più ramificata Strategic Communication Laboratories, Scl, i cui interessi spaziano dalle elezioni in Ucraina fino a quelle in Nigeria, per spingersi alla contropropaganda in chiave anti-Russia in Lettonia con soldi Nato. Nata nel ’93 come società con scopi civili, dalla metà degli anni duemila sviluppa una serie di programmi per la Difesa che vanno dalla “guerriglia psicologica” alla “presa di possesso temporanea dei mezzi di comunicazione”, in scenari degni di James Bond. Cambridge Analytica ha acquistato nel tempo molte altre informazioni, che possono essere ottenute dai cosiddetti “broker di dati”, società che raccolgono informazioni di ogni genere sulle abitudini e i consumi delle persone. Ogni giorno lasciamo dietro di noi una grande quantità di tracce su ciò che facciamo, per esempio quando usiamo le carte fedeltà nei negozi o quando compriamo qualcosa su Internet. Immaginate la classica situazione per cui andate sul sito di Amazon, cercate un prodotto per vederne il prezzo, poi passate a fare altro e all’improvviso vi trovate su un altro sito proprio la pubblicità di quel prodotto (retargeting), che eravate andati a cercare. Ora moltiplicate questo per milioni di utenti e pensate a qualsiasi altra condizione in cui la loro navigazione possa essere tracciata. Il risultato sono miliardi di piccole tracce, che possono essere messe insieme e valutate. Le informazioni sono di solito anonime o fornite in forma aggregata dalle aziende per non essere riconducibili a una singola persona, ma considerata la loro varietà e quantità, algoritmi come quelli di Cambridge Analytica possono lo stesso risalire a singole persone e creare profili molto accurati sui loro gusti e su come la pensano.

Cambridge Analytica dice di avere sviluppato un sistema di “microtargeting comportamentale”, che tradotto significa: pubblicità altamente personalizzata su ogni singola persona. I suoi responsabili sostengono di riuscire a far leva non solo sui gusti, come fanno già altri sistemi analoghi per il marketing, ma sulle emozioni degli utenti. Il modello era studiato per prevedere e anticipare le risposte degli individui. Kosinski (lo sviluppatore di questo speciale algoritmo), sostiene che siano sufficienti informazioni su 70 “Mi piace” messi su Facebook per sapere più cose sulla personalità di un soggetto rispetto ai suoi amici, 150 per saperne di più dei genitori del soggetto e 300 per superare le conoscenze del suo partner. Con una quantità ancora maggiore di “Mi piace” è possibile conoscere più cose sulla personalità rispetto a quante ne conosca il soggetto.


IL RUOLO DI FACEBOOK CON CAMBRIDGE ANALYTICA


Per capire il ruolo di Facebook nella vicenda dobbiamo fare qualche passo indietro: fino al 2014, anno in cui un altro ricercatore dell’Università di Cambridge, Aleksandr Kogan, realizzò un’applicazione che si chiamava “thisisyourdigitallife”, una app che prometteva di produrre profili psicologici e di previsione del proprio comportamento, basandosi sulle attività online svolte. Per utilizzarla, gli utenti dovevano collegarsi utilizzando la login di Facebook, il sistema che permette di iscriversi a un sito senza la necessità di creare nuovi username e password, utilizzando invece una verifica controllata da Facebook. Il servizio come molti è gratuito, ma come spesso avviene online è in realtà “pagato” con i dati degli utenti: l’applicazione che lo utilizza ottiene l’accesso all’ indirizzo email, età, sesso e altre informazioni contenute nel proprio profilo Facebook.  270mila persone si iscrissero all’applicazione di Kogan utilizzando la login di Facebook, accettando quindi di condividere alcune delle loro informazioni personali. All’epoca Facebook (circa 3 anni fa), permetteva ai gestori delle applicazioni di raccogliere anche alcuni dati sulla rete di amici della persona appena iscritta. In pratica, tu ti iscrivevi e davi il consenso per condividere alcuni dei tuoi dati e l’applicazione aveva il diritto di raccogliere altre informazioni dai tuoi amici, senza che fossero avvisati (la possibilità era comunque indicata nelle infinite pagine delle condizioni d’uso di Facebook). In seguito Facebook valutò che la pratica fosse eccessivamente invasiva e cambiò i suoi sistemi, in modo che le reti di amici non fossero più accessibili alle app che utilizzano Facebook Login. L’applicazione di Kogan fece in tempo a raccogliere i dati sulle reti di amici dei 270mila suoi iscritti ufficiali, arrivando quindi a memorizzare informazioni di vario tipo su 50 milioni di profili Facebook (la stima è del New York Times e del Guardian). Kogan fu quindi in grado di costruire un archivio enorme, comprendente informazioni sul luogo in cui vivono gli utenti, i loro interessi, fotografie, aggiornamenti di stato pubblici e posti dove avevano segnalato di essere andati (check-in).  Michal Kosinski (ricercatore di Cambridge, psicologo e scienziato dei dati), sta sperimentando l’applicazione del metodo Ocean attraverso Facebook e i social network. Il metodo è tanto sbalorditivo quanto spaventoso: Kosinski sostiene di poter descrivere un individuo grazie alla sommatoria di una settantina di like con una precisione tra il 75 e l’85%. Orientamento sessuale, politico, propensione al consumo, patologie mediche di base: il nostro profilo e le nostre interazioni sono un libro aperto nelle mani della scienza sociale!

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