PRONTO CHI ASCOLTA?


Alexa, Siri, Google Home, Bixby, Home Pod, sono solo alcuni nomi degli assistenti vocali che stanno cambiano le abitudini delle persone. Dall’aspetto innocuo e molto contenuto, sono sempre più presenti all’interno delle nostre case, al punto di aver avuto una crescita nel corso del solo 2018 del 187% visto le promozioni molto allettanti, e le pressanti pubblicità televisive. Queste periferiche hanno ormai raggiunto l’impressionante numero di circa 260 milioni di unità vendute, per un volume di affari da 7 miliardi di dollari circa all’anno. Gli “assistenti” dopo un rapido settaggio sono a nostra completa disposizione, pronti ad eseguire tramite comandi vocali gli ordini impartiti come dei veri maggiordomi, a nostra disposizione 24h al giorno, pronti a spegnere la luce, accendere la tv, l’aria condizionata, ricordarci gli appuntamenti di ogni giorno o semplicemente dirci che tempo farà, riconoscendo la voce del proprietario con una precisione pari al 92% ! Ma possiamo realmente fidarci di loro? Behshad Behzadi è l’ingegnere capo di “Google Assistant”, che rassicura dichiarando: “gli assistenti vocali si attivano solo quando sentono le espressioni hey Google oppure ok Google, a quel punto e soltanto a quel punto la domanda viene inviata al Cloud (server), che elabora la risposta”. Peccato però che non sia esattamente così. Giovanni Ziccardi (professore di informatica legale presso l’università statale di Milano), ha dichiarato: “abbiamo avuto questo caso clamoroso nell’Arkansas dove, un dispositivo sarebbe stato testimone dell’accadimento misterioso di una notte che ha portato, la mattina dopo, a trovare un cadavere nella vasca da bagno”. Il quotidiano online “The Guardian” riporta la notizia che Amazon si era rifiutata in un primo momento di fornire alla polizia Americana le registrazioni audio di quella serata e solo dopo aver emesso un mandato riuscì ad entrarne in possesso estraendo alcuni dati utili alle indagini. Sarebbe emerso che il dispositivo in questione aveva registrato più di quanto ci si aspettasse. Ma questo non sarebbe l’unico caso… Il sito online ZDnet.com riporta che i dipendenti di Amazon (dalla Romania fino a Boston, passando per l’India e la Costa Rica), ascoltavano oltre 1000 file audio al giorno, per far comprendere e migliorare “l’intelligenza artificiale” di Alexa. Amazon aveva così commentato la notizia in un comunicato ufficiale: “I dipendenti non hanno accesso diretto alle informazioni per identificare una persona o un suo account personale durante tutto il flusso del lavoro. Le informazioni trattate sono gestite in modo confidenziale e gli accessi garantiti con autenticazione multi-fattore, con crittografia e audit per tenere sotto controllo e proteggere tutto l’ambiente”. Anche in questo caso però era emerso che l’assistente vocale registrava le conversazioni in autonomia e all’insaputa dei clienti. Quello che sta emergendo è una scarsa attenzione alla nostra privacy e alla sicurezza delle nostre informazioni registrate e memorizzate sui server per un tempo indefinito, poiché non vi è un limite temporale alla conservazione dei nostri dati, a meno che queste non vengano cancellate manualmente dal pannello di controllo personale; anche se Chris Coons, Brian Huseman (VP di Amazon per la public policy) ha risposto: “potremmo comunque mantenere altre informazioni sulle interazioni tra il cliente e Alexa, ad esempio, record con le azioni intraprese da Alexa per rispondere alle richieste del cliente”. Nel frattempo negli USA grazie all’uso di questi nuovi dispositivi “intelligenti” gli avvocati e pubblici ministeri dei tribunali riescono a produrne prove.




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