IL LATO OSCURO DELLA DIGITAL REVOLUTION

Sean Parker, è l’imprenditore che inventò Napster (il famoso software per la condivisione di file musicali in rete), ma anche presidente ( oltre che partner di Zuckenberg nei primi mesi di vita di Facebook. Oggi 40enne e milionario, ha ripercorso i momenti essenziali vissuti fra il 2004 e 2005 spiegando che il meccanismo messo in piedi dal social network, costruito intorno ai “Mi piace”, alle condivisioni e ai commenti, funziona come "un loop di validazione sociale" basato proprio intorno a una "vulnerabilità psicologica umana". Per le dimensioni che ha oggi, Facebook "cambia letteralmente la relazione di un individuo con la società e con gli altri, e probabilmente interviene in modo negativo sulla produttività". Parker all’evento di Axios (8 novembre 2017), ha rivolto un pensiero anche ai bambini: "Solo Dio sa cosa sta succedendo al cervello dei nostri piccoli". Da anni, si discute della  “dipendenza” dai dispositivi portatili come se si trattasse di una vera e propria “droga” e delle controindicazioni che la tecnologia può avere sui più piccoli. Le ricerche condotte parlano infatti di deficit di attenzione, irritabilità, ansia, depressione infantile, disturbi dell’attaccamento, disturbo bipolare, psicosi e comportamento problematico. Secondo l’ IEUD  (Istituto Europeo Dipendenze), ci sarebbe una dipendenza sempre più evidente di nomofobia, un nuovo termine che indica il timore di non poter essere raggiungibile al cellulare, una vera e propria sindrome da disconnessione, che si manifesta con sintomi di rilevanza psichica come ansia, tachicardia, sudorazione, vertigini, sensazione di smarrimento. Secondo un’altro studio condotto dalla Microsoft su duemila persone, con tanto di monitoraggio dell'attività cerebrale tramite elettroencefalogramma, la nostra soglia di attenzione, è inferiore a quella di un pesce rosso. La causa è da ricercare nel flusso d'informazioni che arriva dai social network e dai tanti siti web. Stiamo diventando incapaci di vivere nella realtà quotidiana fatta di persone in carne e ossa e di rapporti sociali che vadano oltre un like. Gli effetti di questa rivoluzione antropologica li potremo osservare compiutamente solo nei prossimi anni.Significativo è stato anche l’intervento del 43enne Chamath Palihapitiya ex vice-presidente di Facebook durante una lezione tenuta presso la Business School della Stanford University in Florida nel novembre 2017, dal titolo “I soldi come strumento di cambiamento“. Lasciando a bocca aperta tutti i presenti si è dichiarato tremendamente colpevole per aver fatto parte di quel mondo e invitando non solo la platea ma idealmente gli utenti di tutto il mondo a smettere di usare Facebook. Palihapitiya continua dichiarando: “Voi non vi accorgete che vi stanno riprogrammando”. Ora, però, dovete decidere a quanta della vostra indipendenza intellettuale siete disposti a rinunciare“, e continua spiegando che il principale pericolo che i social network stanno apportando alla società contemporanea è quello di disgregare i tradizionali legami e le strutture fondamentali del vivere comune e che stanno distruggendo il tessuto funzionale della società. Anche il papa si è espresso in merito a questa problematica dichiarando: «Voi avete sentito parlare del dramma delle dipendenze, della dipendenza dalla droga, ma la dipendenza dal telefonino è molto sottile». Maura Manca presidente dell’ Osservatorio Nazionale Adolescenza (www.adolescienza.it), ha raccolto i dati su un campione di 3.900 ragazzi tra gli 11 e 13 anni e 9.000 adolescenti tra i 14 e i 18 anni, questi passano dalle tre alle sei ore al cellulare, mentre il 46% degli 11-13enni resta attaccato allo smartphone al massimo due ore, il 44% dei più grandi arriva a stare al telefono anche sei ore al giorno. Più i ragazzi crescono più aumenta il tempo che trascorrono al cellulare, arrivando nel 14% dei casi (ragazzi dai 14 ai 18 anni), a passare dalle sette alle dieci ore al giorno.

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